DECIMA MAS: LEGGENDA DELLA RSI
PARTIRONO
CANTANDO, ERANO DIRETTI ALLA BASE DEI NOSTRI SUB A BORDEAUX
Amos Calcinelli
Ognuno di noi, giovani Italiani
di Francia, dovette, negli anni prima della guerra, ed ancora più
difficilmente, durante la guerra del '40, inventare astuzie infinite per
cercare di inserirsi nel tessuto sociale. Tutti parlavamo francese alla
perfezione, senza il minimo accento che ci potesse far individuare come
stranieri. Non avevamo la pelle nera o gialla. Eravamo vestiti come gli
altri. Qualcuno di noi aveva persino gli occhi azzurri. Ma la differenza
c'era. Quando, ogni sei mesi, dovevi far rinnovare il titolo di soggiorno,
era d'obbligo presentarsi in questura, cioé al Commissariato. Accoglienza
simpatica, prime domande colla faccia da bonaccione, poi, nel sentire il
tuo cognome... silenzio di more. "Sei italiano?...". "Oui,
monsieur...". Lo sguardo era gelido. Il viso diventa i marmo. Ti senti
una creatura venuta da un altro pianeta, da un'altra galassia. Umiliazione
e odio, sempre umiliazione e odio.
19 marzo 1943. Oggi festeggio
il mio ventunesimo compleanno. Chiedo al capufficio l'aumento legale che
mi spetta secondo il decreto del "Journal Officiel". Quello lì,
imbarazzato, mi risponde: "Devi chiederlo al padrone...". "Ma
se è una cosa stabilita dalla legge".... insisto. "E'
la legge!...". Niente da fare. Devo rivolgermi al padrone. Entro nell'ufficio
direttoriale. Chiedo l'aumento. La risposta tarda a venire fuori. L'omone
cerca delle scuse, le spese che aumentano, poi rifiuta secco a bruciapelo:
"Et puis vous etes Italien!...". Volto i tacchi.
Arriva il 25 luglio 1943.
Cade Mussolini dopo la famosa seduta del Gran Consiglio. E' finita per
il fascismo ma, dice Badoglio, "la guerra continua...". E sì,
perbacco, la guerra deve continuare. Poi, d'improvviso, capita l'otto settembre.
Il padrone butta il giornale sul tavolo, caccia un gran sospiro di soddisfazione:
"ça y est, l'Italie a capitulé sans conditions!...".
Da quanto si può sentire da Radio-Londra o Radio-Parigi, sembra
sia stato diramato alle truppe italiane un ambiguo comunicato: "Ordine
di resistere a qualsiasi attacco!...". Ma se, una volta firmato l'armistizio
con gli anglo-americani, questi non erano degli avversari, bensì
dei vincitori!... Chi poteva aggredire i soldati italiani?... Nasceva un
orribile sospetto.
Sì, qui c'è
puzza di tradimento. Abbiamo tradito i Tedeschi e forse già da un
pezzo!... Non ci sono scuse.
Avvenne l'incredibile. Avvenne
un mezzo miracolo: Mussolini liberato da Otto Skorzeny. Di nuovo, ci fu
un barlume di speranza. Forse si poteva riprendere la lotta. Forse si poteva
ancora impugnare un'arma e far vedera al mondo che un Italiano può
morire per l'onore, soltanto per l'onore. L'importante era di sentirsi
uomini, non sciacalli, di potersi guardare serenamente nello specchio,
senza abbassare gli occhi dalla vergogna di essere italiano. Da quel giorno
del novembre del 1943, iniziò per qualche centinaio di giovani italiani
di Francia, la disperata ricerca del mezzo col quale tornare ad impugnare
un'arma.
La Repubblica Sociale Italiana
entusiasmava gran parte di noi. Adesso si poteva sperare nel progresso.
Si parla di interessamento degli operai ai risultati delle aziende. Questo
sì che è socialismo. Cominciò un'infinita baraonda,
dove il Consolato ti mandava in un ufficio che ti rimandava al Consolato,
e via di seguito per settimane e settimane. A furia di cercare ogni via
possibile per raggiungere il nostro scopo, si era formato spontaneamente
un gruppo di qualche decina di ragazzi, quasi tutti parigini e dei dintorni
di Parigi. Il nostro ritrovo era la sede dell'Ufficio Turismo della Cit.
Finalmente, la Grande Notizia!... "Il battaglione Barbarigo sta per
partire per il fronte". Poi, qualche giorno dopo: "Il battaglione
Barbarigo ha ripreso il combattimento"...
Un battaglione. Qualche centinaio
di uomini, forse un migliaio... Mille ragazzi per difendere il Paese natio!...
Povera Italia!...
Siamo oramai alla fine del febbraio 1944. Alla Cit, per la prima volta
da un pezzo, vedo visi allegri, sento cantare. "Che c'è di
nuovo, ragazzi?...". "Si parte!... Si parte!...". Alcuni
partirono il 28 febbraio 1944. Era il primo scaglione. Toccò al
secondo scaglione partire il 4 marzo 1944. C'ero anch'io. Ci ritrovammo
tutti, con altri gruppetti di marsigliesi o altre regioni del Meridione,
alla base sommergibili italian di Bordeaux. Un anno dopo, il 4 marzo 1945,
la copertina della Domenica del Corriere era dedicata al sacrificio del
Btg Fulmine a Tarnova della Selva. C'ero anch'io. Ma non lo sapevamo ancora.
La nostra sorte era una sorte fuori ordinanza: avremmo portato il Leone
di San Marco sulle nostre mostrine e sul braccio sinistro, lo scudetto
della Decima Mas, il famoso teschio colla rosa in bocca... e quell'ideale
che cercavamo tutti disperatamente: Per l'Onore!... A Tarnova, quando eravamo
già rassegnati a morire, ci sembrava che la morte costasse meno
del disonore. Quando gli Slavi gridavano: "Italiani, arrendetevi!...
siete accerchiati!... arrendetevi!". Arrenderci?... non ci abbiamo
neanche pensato.
IL SECOLO D’ITALIA Quotidiano del 8 maggio
1991.